Esiste ancora un tratto tipico del paesaggio Veneto?
Per rispondere a questo interrogativo ci si dovrebbe chiedere: che cosa suscita in noi la vista del paesaggio? Probabilmente, per molti, la risposta sarebbe: nulla.
L’uomo d’oggi ha perso la facoltà dei sensi. Non riconosciamo attraverso il tatto le molteplici superifici e tessuti della vita, ascoltiamo ma non “sentiamo” la verità dei suoni, quando mangiamo dimentichiamo il gusto e l’olfatto rifiuta il confronto con l’odore. Se non è di marca…
Ecco, quindi, che in realtà non è che sia cambiato il paesaggio, ma siamo noi che siamo cambiati rispetto ad esso.
Il paesaggio, quadro primordiale acquistato dalla natura, è un processo culturale in cui l’uomo proietta i suoi fenomeni culturali, psicologici e sensoriali.
Va da sé che oggi, la promozione e valorizzazione delle opere culturali è una strategia forte per lo sviluppo.
Come pensato da Montale, la fine del paesaggio è la fine della città.
E' la città che va, per prima, scoperta con i sensi e fruita progressivamente e esteticamente.
Come immagina l’arch. Jean Nuovel “uno spazio nuovo, che sia contemporaneamente tutto e niente, che significhi il meno possibile nell’espressione e il più possibile nelle potenzialità, nelle mutazioni; uno spazio che si presenterà a tutto ciò con pochi mezzi”.
Quindi ripensare la città significa ri-vederla.
E paradigmatico nell’idea di città è l’essenza del centro storico che è anche centro simbolico; sempre che i simboli abbiano ancora una forza evocativa.
La riqualificazione di un centro storico si inserisce in un progetto di riqualificazione antropologica, in cui l’uomo acquista centralità e riscopre la sua connessione con il paesaggio.
Anche per il Veneto, la scelta è di tipo politico e basata sulla scelta di quale futuro affidare ai beni culturali. Sono elementi di sviluppo o di ostacolo alla crescita?
Padova riscopre Giotto, ma i Padovani sembrano non accorgersene. A Treviso va molto bene la Casa dei Carraresi, ma si tratta di un fuoco di paglia. Bene ha fatto Rovereto con il suo Mart.
Il pericolo è di arrivare troppo tardi, di trovarci di fronte a scempi urbanistici irrimediabili.
Il Veneto, come l’Italia, naviga in un “mare” che ormai è internazionale.
Come preconizzato dal filosofo S.Kierlegaard: “la nave è in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma ciò che mangeremo domani”.
Una società che “mangia” quello che le viene propinato.
Un mondo che costruisce forme sempre più grottesche slegate dal background culturale che si è formato nei secoli.
Servirebbe invece, prendendo a prestito una metafora platonica, una seconda navigazione: la scelta di remare con il pensiero.
Bibliografia: “Alla ricerca del paesaggio” di Massimiliano Finazzer Flory
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